Al cospetto del Natale, la festa per antonomasia, la celebrazione centrale del mondo cristiano sorgono alcune domande che non trovano facilmente una risposta.
In quella grotta duemila-sedici anni orsono, si compì Il mistero della nascita del Cristo, il Salvatore partorito da madre vergine.
A Cristo, Via, Vita e Verità mi inchino umilmente, nella sua parola trovo grazia e rifugio e questo non è in discussione.
In onore della Via della Vita e della Verità però mi interrogo:
L’evento oltre alla nascita del salvatore portò con sé la nascita di una delle più potenti organizzazioni di tutti i tempi, la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, depositaria del verbo.
Molte delle svariate centinaia di milioni di persone nel mondo che professano la fede cattolica hanno imparato, negli oratori e nelle chiese, nelle scuole e nelle case, durante le lezioni di catechismo e le ore di religione che il Cristo è l’unigenito figlio di Dio, l’unico e il solo salvatore.
La domanda è, perché questa menzogna? A chi giova?
Perché il bisogno di nascondere la verità nello stesso tempo in cui si pretende di promuoverla?
Un’atra domanda è, quanti di noi hanno mai sentito parlare di Rama, di Deganavdah, di Viracocha, o Quetzalcoatl, Osiride, Yurupary?
Certamente pochi, eppure tutti condividono con Nostro Signore lo stesso Natale. Tutti, secondo la loro tradizione di riferimento sono considerati salvatori partoriti da madre vergine.
Tutte quelle ore di catechismo, tutte quelle ore di religione e di storia…
Una per tutte ci basti una citazione dall’Atharva-Veda:
«La volontà dei deva fu compiuta; tu concepisti nella purezza del cuore e dell’amore divino. Vergine e madre, salve! Nascerà da te un figlio e sarà il salvatore del mondo. Ma fuggi perché Kansa ti cerca per farti morire col tenero frutto che rechi nel seno.
I nostri fratelli ti guideranno dai pastori, che stanno alle falde del monte Meru sotto gli odorati cedri, nell’aria pura dell’Himavat. Ivi darai a mondo il figlio divino e lo chiamerai Krishna, il sacro». (1)
Non vi sembra di averla già sentita questa storia?
Si peccato che questa è più antica di qualche millennio.
Altra domanda: cosa possiamo aspettarci da una cultura che passi sotto silenzio i salvatori degli altri pretendendo l’esclusiva su di un mito universale patrimonio dell’umanità intera?
Beh! Ma Cristo è stato il primo a parlare di Amore, a portare la buona novella.
No.
Nell’epopea di Ram, qualche millennio prima di Cristo si può trovare racchiusa l’origine della cultura che diffondendosi poi nel mondo diede origine alle diverse tradizioni. Vi risparmio il mito che potete trovare nel già citato Atharva-Veda.
In quell’antico testo scaro si legge come tramite l’ascolto della voce Rama avesse dato il via, si poteva dire, all’atto fondante della religione, come tramite la cerimonia del visco, avesse istituito la festa del Natale, o della nuova salute, del nuovo sole, del rinnovamento. Attraverso la visione del caduceo avesse segnato il punto zero della medicina, il concepimento dell’idea stessa di cura tramite le piante del bosco.
Fu con Rama che la fede nel potere evocativo della voce (del Padre) s’impose come la sorgente di tutti i culti e il fondamento stesso del potere magico, fu con lui che la predicazione dell’amore, della condivisione, dell’uguaglianza, della saggezza e della comprensione tra tutti gli esseri umani gettò le basi di tutte le dottrine evolutive dagli Egizi, ai Greci, per arrivare all’insegnamento cristico, delle altre grandi religioni poli o monoteistiche e delle filosofie perenni di ogni epoca.
Altra domanda: perché mai lasciare intendere al gregge del Signore che Immacolata Concezione, Santissima Trinità e Divinità siano prerogative uniche di Gesù di Nazareth, quando invece è decretato dalla storia che nei Veda sono contenuti molti secoli prima gli stessi concetti divenuti poi dogmi della dottrina di Santa Romana Chiesa?
Perché non raccontare che quando i conquistadores giunsero dai selvaggi vennero accolti con amore e condivisione dal momento che molti di quei popoli avevano essi stessi il simbolo della croce a testimonianza della loro sacralità?
Era questo il caso dei Tupi Guarany, la cui divnità Yurupary, che significa, il torturato, il martire, (da Yuru, gola, collo, e pary, stretta, chiusa). Si legge in Da Matta e Silva, “Yurupary era ‘figlio della vergine Chiucy,’ (da chiù, pianto e cy, madre) la madre del pianto, madre dolorosa che vide il suo amato figlio essere sacrificato perché predicava l’amore, la rinuncia, l’uguaglianza, la carità… e, sorprendentemente legato al simbolo della croce, sacra presso i Tupi Guarany perché raccolse il grido agonizzante del martire Yurupary»(2)
Non ho risposte ma un suggerimento.
Apriamo la nostra mente ai pregiudizi culturali, liberiamo i nostri cuori dall’illusione dell’esclusiva sull’amore, allarghiamo il nostro sguardo a una dimensione transculturale che sappia abbracciare l’umanità intera, rifiutiamo la mercificazione del Natale, quello dei Babbi Natale della Coca Cola, dello shopping e dei regali a tutti i costi.
Rinunciamo a spendere soldi e spendiamo credibilità, anziché oggetti, regaliamo intenti.
O Signore che mi abiti nel cuore
O santo spirito che mi respiri nel petto O santa madre che concepisci il mio cielo A te offro l’intento semplice dell’onore di me A te offro la nominazione di ciò che mi è bene A te offro la realizzazione di ciò che mi è giusto Santo natale Interiore o creature di buona volontà.
Se riconosci nel consumo della Natività la perversione del sacro
se vuoi compiere un piccolo grande gesto
nel rispetto dell’Anima del Mondo
forse questo natale potresti regalare un intento.
La cosa è semplice, enuncia un intento che riguardi la tua vita,
un piccolo passo avanti che vuoi compiere,
un impegno con te stesso che vuoi mantenere, un gesto che senti di dover fare,
realizzalo entro natale e offrilo in dono a chi vuoi tu.
Ogni intento realizzato un dono
Celebra così il tuo Santo Natale Interiore
Qui e ora.
(1) Schuré E., (1986), I grandi Iniziati, Laterza, Bari p. 73
(2) Da Matta e Silva, W.W., Umbanda de todos nos, Rio de Janeiro, cit. in Lattuada P.L. (2005), Sciamanesimo Brasiliano, p. 36, Anima, Milano