L’equilibrio tra produttività e presenza.

Prima parte dell’articolo tratto dal capitolo 0 della Tesi della dott.ssa Sara Gambelli, dal titolo:

“Biotransenergetica nel Corporate: la visione Transpersonale nelle Organizzazioni, verso un salto di paradigma”

L’equilibrio tra produttività e presenza.

L’equilibrio tra produttività e presenza è una delle cose più difficili da padroneggiare nella vita, e una delle più importanti. Noi spesso la confondiamo, sia dal punto di vista culturale che come individui, con la nozione di “equilibrio lavoro/vita”, che sembra simile, ma in realtà si tratta di una dimensione profondamente diversa.

Se ci dedichiamo ad una ispezione più approfondita, ciò implica che dobbiamo contrastare il rovescio della medaglia, ovvero quello che dobbiamo sopportare per guadagnarci da vivere, con il lato positivo, ovvero ciò che desideriamo fare per sentirci vivi.

Implica che la metà delle nostre ore di veglia è occupata da qualcosa che ci rammarica, aspettando con ansia l’altra metà per arrivare così a poter vivere davvero.

Letta in questo modo ci si può interrogare sul modo terribilmente breve e povero di pienezza nell’ esistere. Così parla Annie Dillard, scrittrice e saggista statunitense, vincitrice del premio Pulitzer per la saggistica e divenuta nota per la “letteratura del risveglio”: “Il modo in cui trascorriamo le nostre giornate è, naturalmente, il modo in cui trascorriamo le nostre vite”.

E anche se alcuni hanno sostenuto che l’età di oggi è quella in cui “il grande sogno è quello di passare dal denaro al significato”, c’è un senso irremovibile e sconfortante che, nella nostra ossessione di ottimizzare le nostre routine creative e massimizzare la nostra produttività, abbiamo dimenticato come essere veramente presenti nel gaudente mistero della vita.

E ciò potrebbe indurci a riflettere sul fatto che, in questi compromessi tra presenza e produttività, il modo in cui trascorriamo le nostre giornate è, ovviamente, il modo in cui trascorriamo le nostre vite. Quello che facciamo con quest’ora e quella, è quello che abbiamo più o meno consapevolmente deciso di fare e stiamo facendo.

Avere uno “scheduling” e delle giornate piene di impegni ci tutela dal caos di noi stessi, dal rimanere sospesi nel silenzio e dal meditare su cosa vogliamo davvero. È un’impalcatura su cui un essere umano in carriera lavoratore può rimanere impigliato per tutta la parte più produttiva e fertile di creatività della sua esistenza.

Una giornata “schedulata” è un prototipo di ragione e ordine-voluto, simulato e così creato; è una pace e un rifugio incastonato nel tempo; è una scialuppa di salvataggio su cui ti ritrovi, decenni dopo, ancora in vita. Ogni giorno è uguale, nel rispetto di deadlines e scheduling, cosi uno si può ricordare la serie a conti fatti, come un modello sfocato e potente. Mi sono interrogata sul come stanno le persone della nostra era a vivere in tal modo, surfando l’onda del vuoto di senso e se è possibile ricercare atolli di Anima Mundi.

“Follow your Bliss” – Segui la tua beatitudine

Joseph Campbell ha visto come la più grande trasgressione umana “il peccato di inavvertenza, di non essere vigile, non del tutto sveglio”. Coniò uno slogan di filosofia sulla vita: “Segui la tua beatitudine – Follow your Bliss”.

Decenni prima che la tirannia urlante del work/life balance raggiungesse il suo crescendo moderno – era il 1985 -, Campbell tese un orecchio comprensivo al grido dell’anima e identificò con enorme eleganza e precisione la radice della nostra insoddisfazione esistenziale. “Se segui la tua beatitudine, ti metti su una specie di traccia che è stata lì per tutto il tempo, ad aspettarti, e la vita che dovresti vivere è quella che stai vivendo. Ovunque tu sia – se stai seguendo la tua felicità, ti stai godendo quel frescore, quella vita è dentro di te, sempre”.

Discernere la propria beatitudine, sostiene Campbell, richiede quello che lui chiama “spazio sacro”: uno spazio per la riflessione ininterrotta e il lavoro creativo senza freni. Lontano da un’idea mistica, questo è qualcosa che molti artisti e scrittori hanno messo in pratica attraverso i loro particolari rituali di spazio di lavoro, così come qualcosa che la scienza cognitiva ha illuminato nell’esplorare la psicologia della routine quotidiana perfetta.

Ma Campbell vede oltre i rituali pratici della creatività e nei più profondi stimoli psichici e spirituali – quel profondo bisogno di un luogo in cui radicarsi.

Lo spazio sacro è una necessità assoluta per chiunque oggi. Avere un luogo, o una certa ora al giorno, dove non sai cosa c’era sui giornali quella mattina, non sai chi sono i tuoi amici, non sai cosa devi a nessuno, tu non sai cosa ti aspetta nel mondo. E’ un luogo in cui puoi semplicemente sperimentare e portare alla luce ciò che sei e ciò che potresti essere.

Questo è il luogo dell’incubazione creativa. All’inizio potresti scoprire che non succede niente lì. Ma se hai un luogo sacro e lo usi, alla fine succederà qualcosa.
Per accedervi occorre una Epistemologia, una Tecnologia e una visione del mondo che ti supporta nel dare senso a questa ricerca. La visione Transpersonale e la metodologia Biotransenergetica mettono a disposizione questo nuovo affaccio.

Due secoli dopo che Kierkegaard aveva ammonito contro la vigliaccheria della folla, Campbell sostiene che spesso ci perdiamo sulla via della nostra stazione della beatitudine, mentre le limitanti nozioni di successo della società ci spingono in insensati e insicuri inseguimenti.

continua…

dott.ssa Sara Gambelli. Psicologa del Lavoro e delle Organizzazioni, insegnante di yoga e psicoterapeuta con approccio transpersonale biotransenergetico. Da anni lavoro come consulente in area Risorse Umane su progetti di formazione per lo sviluppo delle competenze manageriali e su interventi di valutazione del potenziale, in Italia e all’estero. La passione per questo lavoro scaturisce dalla consapevolezza di poter pennellare scenari di evoluzione personale prima ancora che professionale, sviluppando relazioni, sinergie e la capacità di cambiare se stessi, affinché di colpo possa trasformarsi tutto il resto. Attuarlo nel contesto organizzativo permette di ottenere un alto grado di trasformazione, che passa attraverso creatività ed entusiasmo per i risultati conseguiti. 

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