Leggi il racconto. (Scrittura Creativa Transpersonale Integrale)

La Dea che scioglie i nodi

di Stefania Giudici

Introduzione di Simona Vigo, Coordinatrice ITI Writing Unit, filosofa, counselor trainer, docente di Biotransenergetica e Scrittura creativa Transpersonale.

Il lavoro di Stefania Giudici si ispira al Mito e alle antiche tradizioni oracolari.

Allude alla devozione e al libero arbitrio, al rispetto del rito e della tradizione antica e contemporaneamente alla rivendicazione della libertà umana che scandalizza ma commuove la Dea delle acque salate.

Il racconto è una favola abitata da archetipi universali: la Dea del Mare, oracolo degli innamorati; il maschile, il femminile, le nozze sacre tra anima e spirito. E’ scritta con un ritmo particolare, come di una ballata celtica in cui ricorre la preghiera che fa da trama del racconto. Il ritmo è quello dell’andare e venire delle onde dell’oceano, metafora dell’immensità della coscienza, proprio come se rispecchiasse l’impronta caratterizzante della “dea dai capelli d’alga”.

Il dialogo tra struttura e processo del racconto rivela l’integrazione tra le tre istanze interiori: “colui che sente, colui che elabora, colui che agisce”. La scrittura è fluida, morbida e scivola come le onde del mare, conducendoci nella dimensione onirica del canto della Dea. Una Dea forte, sensuale, austera e compassionevole allo stesso tempo. Una Dea che mette alla prova coloro che mostrano sufficiente coraggio e volontà per scendere negli abissi della loro anima alla ricerca dei preziosi tesori che essa custodisce. Un eroe ed una eroina che alla fine del loro cammino possono ritrovarsi e finalmente vedersi con occhi chiari, mente vuota e cuore leggero. 

A Stefania la mia gratitudine e la mia profonda gioia per il suo lavoro e la sua presenza vivace ed entusiasta portatrice, sempre, del ritmo del mare.

Buona lettura

Simona Vigo  

La Dea che scioglie i nodi

Tutte le storie che gli uomini le raccontavano, erano storie di non amore.

Arrivavano lì, sulla baia, quand’era già sceso il buio. E le parlavano, rivolto il viso verso il mare. Lei stava seduta sul suo scoglio, unico a emergere nell’insenatura. E i loro volti li distingueva appena.

Alcuni le parlavano con la voce tremante per l’emozione di vederla davvero lì, su uno scoglio in mezzo al mare, con i capelli d’alga, come raccontavano i pescatori nelle loro storie.

Altri sussurravano appena le loro preghiere e di lei, veramente, sembravano non curarsi.

Da sempre gli uomini si rivolgevano a lei. Era un’eternità che lei ascoltava i loro racconti e dava i responsi con i suoi capelli viola, d’alga. Da quando esistevano il mare e questa insenatura smeralda. O da prima ancora.

Quasi tutti cominciavano le loro preghiere così: “Dea dai capelli d’alga”, e poi le affidavano le loro vite: urlate, bisbigliate, sibilate, cantate, ululate. Qualcuna veniva anche scritta, su carta o tessuti che erano poi offerti alle onde del mare. Di tutti lei ascoltava le storie. Erano sempre storie di non amore.

Provava un’emozione strana a sentire gli umani raccontare. E la provò anche quel giorno, quando vide arrivare un uomo e una donna con le mani annodate.

“Dea dai capelli d’alga che sciogli i nodi” anche loro cominciarono così.

“Ti prego, dimmi come posso sciogliere il mio nodo di non amore” continuò la voce femminile.

“Ti prego, dimmi come posso sciogliere il mio nodo di non amore” ripeté la voce maschile.

Una folata di vento arrotolò i capelli d’alga della dea in una spirale lungo la schiena. Contemporaneamente sua madre, il mare, sbatté qualche onda violenta contro al suo scoglio. E una stella di fuoco, cadendo, illuminò a giorno l’intera baia. La dea restò in silenzio. Non bastava, questa volta, fare un tuffo in mare e uscire con i capelli arrotolati o sciolti a indicare così se il nodo si poteva sciogliere oppure no. Loro non le chiedevano se poteva sciogliere i loro nodi. Loro le chiedevano come farlo da soli. Questi due umani erano sfrontati, sfacciati. Avevano il coraggio di mettersi quasi al pari degli dei. Per questo decise di aiutarli.

“Il viaggio sarà lungo e spaventoso” disse la dea dai capelli d’alga. “E soprattutto dovrete compierlo da soli.” I due innamorati si guardarono con paura.

“Dovrete entrare nella parte più buia della grotta del cuore. Dovrete scendere nelle profondità più scure, fino a che i vostri piedi saranno bagnati dalle acque salate del mare. È lì che depongo i nodi che gli umani mi affidano e che non posso sciogliere. Lì troverete anche i vostri.”

La dea si tuffò tra le onde e scomparve. I due amanti si baciarono un bacio frettoloso tra le labbra, incastrata tra i denti rimase la parola “Addio”.

Lui sentì la voce della sua mente: fece calcoli, usò la mappa del cielo e della terra, studiò la latitudine e la direzione dei venti. Percorse un sentiero dritto che passava attraverso la vegetazione bassa della costa. Memorizzò ogni passo e ogni cespuglio di mirto. Pose delle pietre agli incroci tra sentieri. Annotò sulla mappa il suo tragitto. Tornò indietro qualche volta, quando si sentì smarrito. Ma osservando la bussola e la gobba della luna crescente, dopo tre giorni si ritrovò di fronte a una grotta che scendeva verso il mare.

Lei seguì la pancia. Quando le faceva male, si fermava e cambiava direzione. Se invece sentiva le farfalle dentro, come in uno stato di innamoramento, sapeva che andava dalla parte giusta. A volte non sentiva niente, e allora doveva fermarsi e aspettare. Mentre aspettava, godeva del profumo del mare e delle sue carezze tiepide sui fianchi. Dopo tre giorni, si ritrovò davanti a una grotta che scendeva verso il mare.

Appena varcata la soglia, lui si trovò di fronte una scalinata di granito che lo portava in basso. Il buio era sempre più buio, ma gli occhi della sua mente vedevano. C’erano mucchi di corde. Erano ingarbugliati e neri e facevano il rumore dei tuoni. Aveva paura, ma continuava a scendere: voleva scoprire la verità.

Lei, invece, appena varcò la soglia, si trovò di fronte a una discesa precipitosa, fatta di sabbia e rocce lisce di mare. Doveva stare attenta a non scivolare. Il buio era profondo, ma la sua pancia sapeva indicarle dove appoggiare il piede o aggrappare la mano. E mentre scendeva, sentiva spine graffiarle le caviglie e un’angoscia stringerle la gola. Eppure la pancia la portava sempre più in basso, contro la sua volontà.

Arrivarono quasi nello stesso momento. Ma il buio impediva loro di vedersi, e il mormorio della mente e il borbottio della pancia di sentirsi. Sentirono, invece, la voce della dea dai capelli d’alga: “Siete arrivati nella parte più profonda della grotta del cuore. Ma i vostri piedi non sono bagnati dall’acqua del mare”.

Non sapevano che cosa fare. Tentarono con un canto, uno dei tanti che avevano imparato dai pescatori. Note di naufragi e di sirene, di acque salate e di stelle marine. Cantavano insieme, ma non potevano sentirsi. Lo conoscevano da una vita e lo avevano sempre dedicato al mare. Ma solo allora scoprirono che al mare, di questo canto, non importava niente.

Lui si arrabbiò, picchiò, sbatté, odiò, colpì fino a farsi sanguinare le mani. Lei pianse.

Le gocce del sangue di lui formarono un rivolo ai suoi piedi. Lui lo seguì fino a che si fermò davanti a un nodo, che cominciò a sanguinare. Provò a sollevarlo, ma non ci riuscì. Provò e riprovò, ma il nodo pesava più di tutti gli scogli del mare. Quando non ebbe più forze, cadde a terra, arreso. In quel momento l’acqua gli lambì i piedi e le gambe. Non voleva più combattere. E per la prima volta si sentì amato.

Più lei piangeva, più ai suoi piedi si alzavano le onde del mare. Vide galleggiare, tra tanti, un nodo, da cui zampillò l’immagine di una bambina sola. Subito le si spalancò la gola per amore di quella bambina. Allungò le braccia, prese tra le mani questa immagine d’acqua e se la portò al cuore.

In quel momento sentirono la voce della dea dai capelli d’alga: “Avete sciolto i vostri nodi di non amore. Ora potete amarvi, perché sapete ricevere e donare”.

La grotta si illuminò e solo allora i due si videro. Sollevarono i loro nodi, e questi si sgretolarono in mille granelli di sale. Poi allungarono le braccia l’una verso l’altro e si presero le mani. Ora le loro dita non formavano più nodi – sorrise la dea – ma splendidi intrecci di vita.

Stefania Giudici

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